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John Taylor - L'oscuro splendore

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John Taylor - L'oscuro splendoreJohn Taylor - L'oscuro splendore - Mimesis Edizioni, collana Hebenon

Secondo libro di poesie, questo di John Taylor, tradotto in italiano dopo Gli Arazzi dell'Apocalisse, a parte il libro di prose brevi Se cade la notte (Joker Edizioni), tutti nella versione di Marco Morello. Bisogna ricordare brevemente, per chi non lo conoscesse, che John pur essendo nato negli States è uno scrittore molto europeo, non solo perché vive in Francia dal 1977 ma soprattutto perché ha con la cultura europea un rapporto strettissimo e profondo, che non è azzardato definire di vero amore. Traduttore di autori francesi o francofoni come Jaccottet, Dupin, Perros, Jourdan, Calaferte e altri, Taylor ha anche un forte interesse per la poesia italiana, che negli ultimi anni si è concretizzato in due eccellenti volumi antologici in inglese dedicati a Alfredo de Palchi ( Paradigm: New and selected poems, 2013 - v. ancheQUI ) e Lorenzo Calogero ( An Orchid shining in the Hand: Selected poems 1932-1960, 2015), entrambi Chelsea Editions. Da ricordare anche nella bibliografia di Taylor, sempre in riferimento al suo legame con la cultura europea, i suoi importanti lavori Paths to Contemporary French Literature, in tre volumi, e Into the Heart of European Poetry, tutti pubblicati da Transaction, oltre al più recente A Little Tour through European Poetry (2015).
Dunque come si vede John è davvero, sotto molti aspetti, uno scrittore europeo. E non solo per i suoi studi, ovviamente, o perché vive in Europa da lungo tempo, ma anche perchè quella cultura e quelle frequentazioni letterarie le ha accolte, quegli stimoli li ha fatti permeare nella sua scrittura creativa. Questa raccolta ne è una buona testimonianza, poiché mi pare vi si possa rilevare per prima cosa, almeno ad una prima lettura, una distanza dalla poesia contemporanea americana (per quanto essa sia una categoria troppo generica) non minore di quella che c'è tra le due sponde dell'Atlantico. Naturalmente questa affermazione va presa con una certa cautela, poiché John, al di là delle suggestioni culturali, elabora in questi versi una sua personale idea di poesia, una sua visione delle cose che certo trasmettono nei versi anche le sue origini ("frammenti di patria sbiadita") e i suoi studi, ma indubbiamente accoglie in pieno (poiché la ama) la lezione soprattutto dei suoi prediletti autori francesi. Una influenza che è sostanzialmente lirica e forse, sullo sfondo, simbolista, orientata a gettare sul suo personale mondo uno sguardo attento ma sufficientemente disilluso, che non guarda tanto gli "oggetti" quanto l'atmosfera, anche interiore, nella quale essi e l'autore sono immersi e si trovano ad esistere. Manca qui, tornando a quanto appena detto, quella"concretezza" anche un po' pragmatica che si ritrova in tanta poesia americana, quel confronto dell'uomo con la natura e l'ambiente, sia esso quello dei vasti spazi o quello urbano delle strade di New York (e tuttavia nelle "cose" - things - che qui troviamo c'è un pizzico di imagismo statunitense). L'uomo europeo, e con lui Taylor, guarda soprattutto dentro sé stesso, anche per tradizione filosofica e, per tradizione letteraria, almeno fin da Baudelaire e dai suoi eredi. In Taylor ci sono certo queste suggestioni e potremmo ritrovare anche molta della leggerezza malinconica e venata di ombre di Paul Verlaine, trasfusa in un linguaggio trasparente e aereo (talvolta un "verso scarno", come lo chiama Marco Morello) che ben trasmette inquietudini e interrogativi sospesi, alla ricerca di qualcosa che penetri l'"oscuro splendore". In questo ossimoro si cela il mistero stesso dell'esistenza di ciascuno, sempre esposta ad un imperscrutabile destino o al caso, al calare di una notte anche in pieno giorno, di una"luce striata di nero", che tuttavia, portando appunto in sé un arcano, non può che essere splendida per la mente del'uomo, e ineludibile per l'artista. Una dimensione crepuscolare (ma non nel senso letterario del termine, o non solo) in cui è presente la coscienza "che questo crepuscolo sarà oscurità / alla fine // un'assenza di luce // non questa mezza luce consolante / sopra la neve". C'è spesso nella poesia di John uno sguardo che tenta di penetrare l'incerto, trapassare una foschia reale o metaforica, andare oltre una marea che svela e nasconde fondali o scogli anch'essi simbolici, giungere fino a decifrare "iscrizioni / sul fondo del lago deserto" (Il fondo del lagoè la sezione principale del libro) che ha sommerso "qualcosa che era prezioso // i suoi bordi incerti smussati / dall'acqua". Come in un cerchio creativo, quell'"incerto" nebuloso (che è in ultima istanza ricerca di senso) che John cerca di diradare con i suoi versi, è lui stesso che lo tratteggia per mezzo di una scelta appropriata di termini "blurred", sfumati, deittici "vaghi" (qualcosa, talvolta, forse, tutto questo, come se solo allora) o interi versi ("eppure le onde // sono questo / e quello // e nessuno dei due // e uniche // anche se / vengono / e vanno"; "o semplice ombra // o miraggio // cosa si trova oltre // ma è difficile da guardare") che concorrono a dipingere questo"incerto" (vago, indefinito) e che, soprattutto a un lettore italiano, richiamano inevitabilmente certi stilemi, questi sì, del decadentismo, che tuttavia devono essere ricompresi in una matrice simbolista a cui tutta la poesia francese e europea attinge. C'è da dire che nella traduzione italiana questo senso di indeterminatezza viene in qualche minima misura accentuato, sia per una naturale scelta di termini legati alla cultura di chi traduce, sia - per fare un piccolissimo esempio - per l'eliminazione di elementi determinativi come gli articoli o i pronomi soggetto, in inglese sempre presenti. Ma, al di là di queste marginali considerazioni, la cosa importante è che il verso tayloriano derivante da tutto ciò è assai suggestivo, limpido, efficace nell'espressione e tutt'altro che incerto sui suoi obbiettivi, anzi perfettamente consapevole riguardo a ciò che intende dire a chi legge. Qualità che da un certo punto di vista risultano ancora più evidenti nei testi in prosa poetica, come John aveva già dimostrato ne Gli Arazzi dell'Apocalisse dove erano una gran parte, o nei frammenti (qui presenti nelle sezioni Il boschetto e Il recinto), brevi aforistici lampi illuminanti nei quali con grande piacere ho ritrovato echi e suggestioni di Pierre-Albert Jourdan, un grande autore a cui Taylor ha dedicato molto del suo lavoro ( The Straw Sandals: Selected Prose and Poetry - Chelsea Editions, 2011). Testi nei quali, potremmo dire per concludere, John trova unaintensa rarefazione. (g. cerrai)


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