Alcuni testi tratti dalla bella pubblicazione curata e edi
ta dal gruppo di [dia°foria nel 2015 (v. QUI), un libro bifronte come Giano, con due autori ma completamente dedicato a Nanni Balestrini. Si tratta (il recto) di " Nanni Balestrini - Contromano", otto testi, di cui uno eponimo, e sei opere visuali, più (il verso) "Fausto Curi - Unordinata progettazione del disordine", un interessante saggio dello studioso delle avanguardie italiane sul lavoro di Balestrini, il cui titolo - almeno a me vecchio compulsatore di Gadda - rimanda alla "disarmonia prestabilita" di roscioniana memoria (e credo che l'accostamento sia onorevole, e forse non del tutto peregrino). Vale la pena ricordare che nel 2016, sempre per [dia°foria, Fausto Curi ha pubblicato una raccolta di saggi su Balestrini, compreso il succitato, dal titolo "Nanni Balestrini e la poesia come questione" (v. QUI).
Dice Curi nel suo saggio: "Nella letteratura italiana d'oggi, presa, con qualche eccezione, fra ordine banale e disordine incolto, Balestrini è uno dei pochi che hanno capito che il nuovo nasce da un'ordinata progettazione del disordine (...). Per Balestrini comporre un testo poetico non significa soddisfare un'esigenza espressiva personale, soggettiva. Significa costruire un pezzo di realtà. Ciò non implica, né d'altro canto potrebbe, una totale esclusione del soggetto dall'operazione poetica. Tanto più che questa si avvale sempre di strutture verbali prelevate da altri testi, per lo più giornalistici, e consente quindi spesso un accorto gioco di allusioni e di riferimenti che, per essere indiretti, non sono per questo meno significativi. Che Balestrini parli con parole altrui è diventato quasi un luogo comune delle cronache. Ci si dimentica di solito di precisare che la straordinaria abilità e la non meno straordinaria efficacia con cui l'autore compie le sue scelte ed esegue i prelievi verbali e la costruzione di nuovi testi conferisce al discorso poetico una sorta di impersonalità linguistica che è efficace soprattutto nella misura in cui talvolta assomiglia alla asseverazione indiscutibile di certe epigrafi o di certi detti memorabili. Con questo però di particolare, che alla serietà dell'operazione l'autore non manca mai di congiungere un intento ludico, così da creare un singolare contrasto e da attenuare ma non da spegnere eventuali effetti di solennità, o da provocare un imprevedibile grottesco o un'ironia del tutto oggettiva: "che un'altra storia è possibile", "si propone di migliorare il mondo", "trentanni di storia italiana tagliati a pezzi / posò la gallina per terra", "l'abiura. Spesso preghiamo che Dio ci dia una mano / (un cilindro di carta d'amaretto, dateci fuoco in cima...)", "Un uccello / bianco ogni tanto lacera aquiloni nel sole. TEOREMA: / Francesco Petrarca era forse infelice di non avere il caffè?".
Balestrini, insomma, parla di sé e di molte altre cose usando non memorabili parole altrui. Ma quelle parole diventano incontestabilmente sue e acquistano una dissacrata memorabilità per il nuovo assetto che egli conferisce loro. Si noti: quando non è essa stessa il senso, è spesso la struttura a decidere del senso. (...) Quelli che convenzionalmente chiamiamo versi sono delle cellule verbali ossia dei sintagmi che quasi certamente Balestrini preleva dai testi di altri autori, testi non poetici ma giornalistici o scientifici. Ciò non significa che egli si precluda ogni intervento, sia pur minimo, e che pertanto un sintagma - al di là di quanto di soggettivo è già presente nella scelta e nel prelievo - non possa essere modificato a piacere dal nuovo autore. Il punto essenziale è quindi in quale modo un sintagma, o se si preferisce un verso, viene congiunto con il sintagma o verso successivo. Senza affatto escludere possibili errori di interpretazione dell'esegeta, Balestrini sembra procedere alternando due diversi modi: 1) per consecutività o per similarità, fornitegli dal prototesto, o inventate da lui stesso; 2) per contrasto o per alterità, ossia per assenza di connessioni proprie della logica comune".
Insomma, continua Curi, "la realtà com'è non piace a Balestrini. Ma non gli piacciono nemmeno i progetti variamente elaborati per la realtà come potrebbe essere, non lo soddisfano, non lo persuadono, perché, nonostante la buona volontà di coloro che li hanno disegnati, corrispondono a idee e immagini della realtà com'è. Come non è un naturalista, così Balestrini non è un utopista. Come non penserebbe mai a riprodurre la realtà com'è, così non lo sollecita fantasticare, immaginare mondi possibili. È un realista deluso, inquieto, eretico, e disperato. Ma è un realista. E un realista deluso dalla realtà e che si rifiuta di rifugiarsi nella fantasia non ha altre risorse che usare la stessa realtà per costruire una realtà diversa. Costruire, si badi, edificare, dare forma, non immaginare, se non per quel tanto di immaginazione che è necessario per dare forma a qualunque oggetto. Quello che cerca Balestrini non lo immagina, lo costruisce".
CANZONETTA DI BUONANNO
Dice Curi nel suo saggio: "Nella letteratura italiana d'oggi, presa, con qualche eccezione, fra ordine banale e disordine incolto, Balestrini è uno dei pochi che hanno capito che il nuovo nasce da un'ordinata progettazione del disordine (...). Per Balestrini comporre un testo poetico non significa soddisfare un'esigenza espressiva personale, soggettiva. Significa costruire un pezzo di realtà. Ciò non implica, né d'altro canto potrebbe, una totale esclusione del soggetto dall'operazione poetica. Tanto più che questa si avvale sempre di strutture verbali prelevate da altri testi, per lo più giornalistici, e consente quindi spesso un accorto gioco di allusioni e di riferimenti che, per essere indiretti, non sono per questo meno significativi. Che Balestrini parli con parole altrui è diventato quasi un luogo comune delle cronache. Ci si dimentica di solito di precisare che la straordinaria abilità e la non meno straordinaria efficacia con cui l'autore compie le sue scelte ed esegue i prelievi verbali e la costruzione di nuovi testi conferisce al discorso poetico una sorta di impersonalità linguistica che è efficace soprattutto nella misura in cui talvolta assomiglia alla asseverazione indiscutibile di certe epigrafi o di certi detti memorabili. Con questo però di particolare, che alla serietà dell'operazione l'autore non manca mai di congiungere un intento ludico, così da creare un singolare contrasto e da attenuare ma non da spegnere eventuali effetti di solennità, o da provocare un imprevedibile grottesco o un'ironia del tutto oggettiva: "che un'altra storia è possibile", "si propone di migliorare il mondo", "trentanni di storia italiana tagliati a pezzi / posò la gallina per terra", "l'abiura. Spesso preghiamo che Dio ci dia una mano / (un cilindro di carta d'amaretto, dateci fuoco in cima...)", "Un uccello / bianco ogni tanto lacera aquiloni nel sole. TEOREMA: / Francesco Petrarca era forse infelice di non avere il caffè?".
Balestrini, insomma, parla di sé e di molte altre cose usando non memorabili parole altrui. Ma quelle parole diventano incontestabilmente sue e acquistano una dissacrata memorabilità per il nuovo assetto che egli conferisce loro. Si noti: quando non è essa stessa il senso, è spesso la struttura a decidere del senso. (...) Quelli che convenzionalmente chiamiamo versi sono delle cellule verbali ossia dei sintagmi che quasi certamente Balestrini preleva dai testi di altri autori, testi non poetici ma giornalistici o scientifici. Ciò non significa che egli si precluda ogni intervento, sia pur minimo, e che pertanto un sintagma - al di là di quanto di soggettivo è già presente nella scelta e nel prelievo - non possa essere modificato a piacere dal nuovo autore. Il punto essenziale è quindi in quale modo un sintagma, o se si preferisce un verso, viene congiunto con il sintagma o verso successivo. Senza affatto escludere possibili errori di interpretazione dell'esegeta, Balestrini sembra procedere alternando due diversi modi: 1) per consecutività o per similarità, fornitegli dal prototesto, o inventate da lui stesso; 2) per contrasto o per alterità, ossia per assenza di connessioni proprie della logica comune".
Insomma, continua Curi, "la realtà com'è non piace a Balestrini. Ma non gli piacciono nemmeno i progetti variamente elaborati per la realtà come potrebbe essere, non lo soddisfano, non lo persuadono, perché, nonostante la buona volontà di coloro che li hanno disegnati, corrispondono a idee e immagini della realtà com'è. Come non è un naturalista, così Balestrini non è un utopista. Come non penserebbe mai a riprodurre la realtà com'è, così non lo sollecita fantasticare, immaginare mondi possibili. È un realista deluso, inquieto, eretico, e disperato. Ma è un realista. E un realista deluso dalla realtà e che si rifiuta di rifugiarsi nella fantasia non ha altre risorse che usare la stessa realtà per costruire una realtà diversa. Costruire, si badi, edificare, dare forma, non immaginare, se non per quel tanto di immaginazione che è necessario per dare forma a qualunque oggetto. Quello che cerca Balestrini non lo immagina, lo costruisce".
le cose non hanno nomi
le case non hanno muri
i tetti non hanno porte
i treni volano bassi
chi parte non ha meta
c'è poco da stare al passo
la lingua è artificiale
poltiglia cerebrale
la morte non fa sconti
non basta tirar le somme
per star bene travestitispegni tutto non muoverti
gironzola senza organi
arrampicati fin dove puoi
lasciati pure cadere hai
la fortuna di non essere eterno
a che serve sentirne il ritmo
l'ebete natura sballa
la vita bela balsamiche
iniziative a cuore aperto
tentacolari tramonti in
accecati sintagmi per
allegre stagioni spremutesulle rotte di un liquido epicentro
accettare magnifiche cose
limpide insensate mutazioni
cosa vuoi di più non ne hai
abbastanza gridava appeso
appena ci siamo accorti che
svaniva in un verso spappo
versami ancora sei messo
bene disse qualcuno sensibile
sento echi di sillabe fresche
stanno per cadere tutte le ore
ci disegnano strabiciaffreschi evanescenti
CONTROMANO
non possiamo parlare
tutto chiuso
trafitto senza denti
barattolo imprigiona
primavere scoppiate
intenso diventare
fotogrammi sbagliati
sparpagliate meditazioni
primavere scoppiate
metti l'animo in pace
slittamenti e lividioleodotti spremuti
sincopate gengive
insistono prelibati
slittamenti e lividi
impedimenti gratificanti
fermati baciami
non va più via
petali d'infanzia
memorie sconfitte
fermati baciami
cicatrici rilassate
sta piovendo ancoraprofumate interiora
abisso protetto
presuntuose perdizioni
sta piovendo ancora
ripeti a memoria
tante parole premono
intingono il diluvio
catatonico autunno
piattaforme del desiderio
tante parole premono
significano il segno
incollato al presentecellofanata riproduzione
paracadutato dove
ha preso fuoco
incollato presente
miracolose sintesi
le arterie bruciano
non si fa più in tempo
liquefatta stagione
tempi che scorrono
le arterie bruciano
tempie che scoppiano
muri che scottanoinvolucri squarci
giganteschi giraffe
nell'orizzonte bucato
muri che scottano
curvatura dell'occhio
scintillante burrone
ragnatele incendiate
navi appese
sedie gettate
scintillante burrone
rimasugli disseminati
sfiniti protesifrivoli girotondi
una volta o l'altra
separati indivisi
sfiniti protesi
stravolte attese
smetti di leggere
l'imbuto capovolto
spegni tutto
aggrappati al ciclo
smetti di leggere
scompiglia le ruote
non mi va di stare quavola là fuori
HOMO STUPID STUPID
né ciclico né lineare
nella società dei consumatori
frantumato in una moltitudine
di pezzetti distinti
ognuno ridotto a un punto
dallo stupore della merce
si avvicina sempre più
alla sua idealizzazione geometrica
di non dimensionalità
non ha lunghezza larghezza
o profondità esistefuori dallo spazio e dal tempo
contiene uno stupendo
potenziale di espansione
un'infinità di possibilità
che attendono di esplodere
nell'eruzione dell'universo
delle merci una moltitudine
in inarrestabile espansione
di nuovi inizi vaste distese
di nuovi stupri che salvano
la speranza dalle macerie
la neutralizzazione del passatoper rinascere con facilità
in una serie infinita di nuovi
inizi la determinazione
casuale è disarmata ogni
punto è pieno di potenziale
ogni potenziale è diverso
e unico in modi realmente
stupefacenti ogni cosa
deve prima o poi succedere
nel momento presente
né ciclico né lineare
della società dei consumatori
frantumato in una moltitudin
di pezzetti distinti
ognuno ridotto a un punto
dallo stupore della merce
che lo avvicina sempre di più
fuori dal tempo e dallo spazio
a una scomparsa definitiva
Interessante rileggersi anche un paio di testi tratti da Le avventure complete della Signorina Richmond, tra cui il sempre attualissimo "C'è chi loda il letamaio" (v. QUI)