
Abbiamo già incontrato Francesco Iannone su questo blog, in una nota che scrissi in occasione dell'uscita per Ladolfi del suo "Poesie della fame e della
sete" (v.QUI
). Rimando volentieri a quella piccola nota perché mi pare che molte delle cose che allora sottolineai sinteticamente siano in sostanza rimaste lì, pur con
qualche evoluzione soprattutto sul terreno della scrittura. Dico subito che qualsiasi cosa scriva Iannone la scrive bene (e infatti riceve consensi), ha inventiva linguistica, ha
una perfetta padronanza sul come dire quello che vuole dire, in che tonalità eseguire la sua musica, su questo non c'è dubbio, con un certo coraggio e con
poche riserve mentali, poche soggezioni, stilistiche, concettuali o "correntizie" che siano. E', da questo punto di vista, un autore privo di dubbi e
insieme una tabula rasa, come se nessuna eco di esperienza poetiche precedenti alla sua emergesse, anche se certamente ve ne sono (a partire certo dal
Pascoli "fanciullino") ma senza - apparentemente - nessuna tradizione da difendere. In tutto ciò sta un certo fascino, diciamo anche questo, una purezza
che certo è anche "religiosa", assumendo il termine in senso ampio, ma è comunque fideistica, di una immensa fede nella vita, nell'uomo e nella natura, di
una francescana disposizione ad ascoltare i segnali che provengono dal mondo sensibile, da una realtà visibile e invisibile, un mondo che però, come
scrissi, sembra appena creato. Segnali che raramente sono problematici, fenomeni che difficilmente appaiono indecifrabili o incombenti (come in Leopardi,
ad esempio) perché con ogni evidenza sono lì come dono o forse perché nella visione dell'autore, fresca e confidente, sono ancora incontaminati, e come
sospesi fuori della Storia. Se gli uccelli e tutte le altre cose che lo sguardo di Iannone prende in considerazione sono correlativi oggettivi lo sono di
uno stare al mondo, di un essere parte ("altissimi testimoni del mistero") di una creazione superiore della cui logica anche gli affetti, i sentimenti, le
relazioni sono espressione. Ma senza particolari intendimenti metaforici o simbolici, pur essendoci in questi testi molto del simbolismo e pure una certa
vena metafisica. C'è in questi versi un'umanità indefessa, "originale", ancora capace di una qualche innocenza, insomma "denudata" e "primitiva" (sia detto
senza accezione negativa), naive. A volte mi appare come un Rebora un po' più laico, spogliato da tutte le angosce, ma più portato a costruire
piccole parabole, spesso assertive. Quel che sorprende di più, in fondo, che disarma, è questa sensazione antica, prenovecentesca, anzi volterriana da
"migliore dei mondi possibili", nel quale l'autore non sta dalla parte di Voltaire, perché non prende in considerazione il cataclisma, l'evento critico, il
male che alberga il mondo. I punti in cui c'è maggiore frizione, un maggior salto di potenziale poetico, un pacato tono di angustia malinconica che infine
emerge sono in effetti le poesie (generalmente belle, come l'ultima qui presente) dedicate all'amore, al sentimento che in qualsivoglia mondo possibile è meno gestibile, perché non si
lascia semplicemente osservare come una zolla o un uccello.
Iannone, tra i molti che ho letto, è comunque singolare, pur essendo diciamo un lirico puro (anzi "euforico", come scrive Giovanna Rosadini nella
postfazione), e insieme un esponente di quella "identità sfilacciata e solitaria , debole e poco battagliera, una potenziale 'nuova generazione in ombra'"
che Matteo Fantuzzi aveva acutamente individuato nella sua antologia "La generazione entrante" ove lo stesso Iannone appariva (come rammenta Giovanna
Rosadini). Singolare per stile, certo, ma soprattutto per la sua visione "fanciullesca" (parola mia e di altri) che salta a pie' pari, ignorandola
bellamente, tutta la questione forse un po' abusata del chi e cosa siamo qui e ora, in questo mondo, nella complicata modernità, uno dei mondi
"impossibili" da decifrare, in cui l'uomo - certo colpevolmente - è sempre meno il destinatario "centrico" del dono di Dio e sempre più un prodotto. E lo
fa convinto com'è, sono parole sue, che "tutto è alla portata della mia comprensione". Aspettiamo con curiosità il terzo libro. (g. cerrai)
*
Questo stare
nel gesto paziente
della maturazione
ci riguarda.
Aspetteremo
come dentro
una silenziosa conversazione.
Aspetteremo
come il fiore nel campo
la mano desiderata
del bambino.
Non puoi dire
che la goccia che squilla
sulla padella di rame
non è un suono
un timido modo
del cantare.
nel gesto paziente
della maturazione
ci riguarda.
Aspetteremo
come dentro
una silenziosa conversazione.
Aspetteremo
come il fiore nel campo
la mano desiderata
del bambino.
Non puoi dire
che la goccia che squilla
sulla padella di rame
non è un suono
un timido modo
del cantare.
Devi fare
come l'aquila
che sconfigge gli sciami
col suo colpo d'ala.
Devi fare
come il ciliegio
che si compiace
della sua chioma
rossa
devi
devi
devi
ti avevo chiesto un bacio, un qualsiasi
avvertimento
dell'amore
invece mi lasci
come il figlio fermo
col secchiello sul molo e un mare
immenso davanti.
*
a mio figlio
Per ogni uccello che decolla una foglia
cade
e si schiantano insieme
per l'opposto destino
della terra e del cielo.
Per ogni figlio che nasce un corpo
s'inabissa e non lo vedi
più
e non sai
a chi davvero appartiene
e resta fermo lì sul tappeto
come un paradiso domestico
che ti germoglia il suo tesoro
sulla mano.
Alzati e cammina ordina il vento la sera sul molo
ed effettivamente rotola il sasso
scende il gradino in solitudine
un tonfo secco
un corpo che rientra nell'archeologia
del suo silenzio
un sorso che va giù
sordo
ed è sul fondo
sulla grande pancia dell'animale
nella grande culla dello stomaco dell'animale
nella sacca splendente
del mare.
ore 7, 11 luglio 2014
*
Abbiamo alzato la testa
come i funghi
ai piedi del ceppo.
come i funghi
ai piedi del ceppo.
Ci soffieranno il terriccio
dal gambo
finiremo nella premura del guanto
di qualcuno.
Sai come si pulisce un corpo?
Me lo ha insegnato una volta un gigante
passare e ripassare lievemente
col fazzoletto.
*
Tu la conosci la solitudine dei rami
a quest'ora della neve?
a quest'ora della neve?
Dio ha mandato quaggiù i suoi bambini
con le margherite in mano
gli angeli hanno starnutito così forte
da svegliare i pozzi
i cavalli hanno pestato la terra così forte
da rovesciare il grano dai fazzoletti.
Tu lo conosci il nome dell'agricoltore
che vegliava gli orti?
Te l'ho già detto - se vuoi essere felice
devi allacciare le radici agli alberi
il corpo urlerà sotto il peso dei tronchi
il corpo urlerà sotto il volume dei cancelli.
Vedi, sul gran torace della terra
è caduta la neve anche oggi
ma tu stai tranquilla, qui tutto brilla
come deve.
*
Mi sollevai sulle ginocchia del cammello
l'arsura mi avvizziva i pomodori nel cesto
l'arsura mi avvizziva i pomodori nel cesto
ho attraversato tutta la sete che ci vuole
per riempire le cisterne
lo vedi adesso come sono sode le gobbe?
La scimmia ti slacciò la collana di perle.
La scimmia ti tolse l'orecchino luccicante.
Adesso mi dici come farà il bambino
a riconoscerti così
avvolto nel buio
del tuo telo nero?
Scrivimi sempre
perché la tua grafia
è l'assenza
che la mia poesia
non sa dire.
*
È scritto così
entrerai nel regno aggrappata alla coda dell'asino
entrerai nel regno lucente come un acino di grano duro
entrerai nel regno sventolando il palloncino nella mano.
entrerai nel regno aggrappata alla coda dell'asino
entrerai nel regno lucente come un acino di grano duro
entrerai nel regno sventolando il palloncino nella mano.
Sì, è scritto così
reggerai lo scettro alla formica
ti aggiusterai la spilla sul cappotto
insegnerai ai nani come si brilla
in tutto il buio che c'è.
*
Tutti mi dicono
il papavero è bello
esposto così
appena fuori dall'orlo
del taschino.
il papavero è bello
esposto così
appena fuori dall'orlo
del taschino.
Tutti mi dicono
che l'uccellino che si gingilla
sulla mia spalla
è di una specie rara
e che ha piume fluorescenti
evidenti come una fame antica.
Tutti mi dicono
qualcosa
che è sempre a lato
del mio bisogno
e nessuno che mi tiene
nel cerchio del suo anello
nel punto di sutura
sul ginocchio del fanciullo.
Pensa alla madre
che spinge a beccate
i piccoli
nella fortezza del nido.
Pensa alla marea
che rapina i granelli
per il compito
luminoso dei fondali.
Mi credi adesso
se ti dico
che persino il vento
quando muove gli steli
è perché li sceglie, li preferisce?
se ti dico
che persino il vento
quando muove gli steli
è perché li sceglie, li preferisce?
*
Dentro il mortaio grande
il tempo addestra la bambina
alla fatica del pestello.
il tempo addestra la bambina
alla fatica del pestello.
La gocciolina di sudore
ti rovina
la neve
sulla faccia
scava un solco
buio come una vena
come una cattiva notizia.
Lo so già, mi strapperai
come si strappa un dente
dalla bocca
della tigre
mi strapperai
come si strappa la spina
da un piede
dolente.
Puoi solo portare l'acqua
è questo il modo
perché rientri il respiro
nelle squame dei pesci.
Puoi solo portare il pane
è questo il modo
perché ritorni la fame
nel becco degli uccelli.
Tu impara dai pesci, impara
dagli uccelli. Impara.
*
Abbiamo deposto il nostro agnello sull'altare
ma l'agnello non era felice
dice il custode che domani il sacerdote
farà cadere la spada
farà tremare la fede
dei santi nelle teche.
ma l'agnello non era felice
dice il custode che domani il sacerdote
farà cadere la spada
farà tremare la fede
dei santi nelle teche.
Appoggia la fronte sulla fibra povera
la preghiera o è umile o niente.
Lo senti il dolore alle ginocchia?
È il tamburello
bello
che fa volare
in alto
la domanda.
Dietro la tenda danza la ballerina monca.
Dentro la veste bianca si consuma il sacrificio della santa.
*
Abbiamo volti
che sono coltelli
avvolti nei fazzoletti.
Abbiamo volti
che sono mattine
dalla braccia lunghe
di agricoltore.
che sono coltelli
avvolti nei fazzoletti.
Abbiamo volti
che sono mattine
dalla braccia lunghe
di agricoltore.
L'amore si solleva
è l'elefante
del dare
è il vento che trascina
l'incendio delle chiome.
L'amore ci leva
la lana dagli occhi
ci picchietta le mani
per lo scavo dei nidi.
Tu porgi
l'anfora
del corpo
il pezzo di coccio
il prezioso reperto
che s'incaglia nel dente
del rastrello.
È felice
l'arancia del tramonto
quando si stacca
dal suo ramo azzurro
e finisce
nello scrigno
del cappotto
di qualcuno.
*
Come scaglia di sapone
sul liscio di porcellana
è scivolata così
la mia rovina
di non amarti più.
sul liscio di porcellana
è scivolata così
la mia rovina
di non amarti più.
Devi fare
voce piccola
se vuoi davvero
che il bambino
impari
a schioccare
la prima sillaba dalle labbra.
Devi fare tu
tutta la luce che ci vuole
la mattina con la bocca cava
e un dente in mano
come un dono strepitoso.
Il mio bene
è un portone che geme
chiuso a chiave
nel suo secolo di solitudine.
Tu mi spiani
la neve sugli occhi
mi aggiusti il candore
come si aggiusta
un corpo nella bara
prima del saluto totale.
Tu sei una cosa di qua
così appoggiata
al tempo
e che muore.
La senti
la nota che tuona
nella gola del muto?
Sono io che ti chiamo.
Okay, lo porto altrove
il mio teatro
che non t'ha voluta
la morte solita
che non sai mai
se affligge o se ti libera.
Tu solo
hai l'amore
ovvio
come è ovvio
che esiste Dio.
Tu solo sei
uguale alla tua gioia.
*
Poesia per un congedo
Carena dei fianchi contro carena dei fianchi.
Albero motore del cuore contro albero motore del cuore.
Eliche dei piedi che si inceppano ad intreccio.
Perno della mano che gira nel suo filetto.
Perno dell'altra mano che sgrana per il troppo ardimento.
Marmitta della bocca che sfiata calda sulla spalla.
Mistero del fiore che s'inabissa nell'oro della sua corolla.
Ventre che s'incunea nel cavo della roccia.
Ventre che s'assomiglia nella meraviglia che lo agita.
Filamento di saliva che unisce lingua con lingua.
Balcone degli occhi oltre il quale ti affacci, è mio
il panorama che prolunga
l'orizzonte oltre.
Con un bacio cucio la mia anima alla tua.
Con un bacio ti insegno il mio baricentro, il mio
sangue obbediente e il mio niente
che ti trema nelle orbite come l'acqua di una lacrima.
Sangue della lacerazione, della prima volta.
Corpo che combacia corpo nel pieno
della sua vigilia.
Corpo che si allaga di piacere, rubinetto
rotto "ti amo non voglio lasciarti mai".
Albero motore del cuore contro albero motore del cuore.
Eliche dei piedi che si inceppano ad intreccio.
Perno della mano che gira nel suo filetto.
Perno dell'altra mano che sgrana per il troppo ardimento.
Marmitta della bocca che sfiata calda sulla spalla.
Mistero del fiore che s'inabissa nell'oro della sua corolla.
Ventre che s'incunea nel cavo della roccia.
Ventre che s'assomiglia nella meraviglia che lo agita.
Filamento di saliva che unisce lingua con lingua.
Balcone degli occhi oltre il quale ti affacci, è mio
il panorama che prolunga
l'orizzonte oltre.
Con un bacio cucio la mia anima alla tua.
Con un bacio ti insegno il mio baricentro, il mio
sangue obbediente e il mio niente
che ti trema nelle orbite come l'acqua di una lacrima.
Sangue della lacerazione, della prima volta.
Corpo che combacia corpo nel pieno
della sua vigilia.
Corpo che si allaga di piacere, rubinetto
rotto "ti amo non voglio lasciarti mai".