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Salah Stétié - Poesie

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Salah StétiéUn assaggio di un eccellente poeta francofono di origine libanese, Salah Stétié, di cui spero di tornare a pubblicare qualcosa più avanti. I testi sono tratti dall’antologia “Nel cerchio del cerchio – Trent’anni di poesia: 1973- 2003”, Bulzoni Editore, 2004,  introduzione, traduzione e cura di Franca Bruera, con postfazione di Sergio Zoppi.

Salah Stétié nasce a Beirut il 28 settembre 1929. Si forma dapprima al Collegio protestante, poi al Collegio San Giuseppe dei Padri Gesuiti e continua i suoi studi presso l'École Supérieure des Lettres di Beirut dove frequenta i corsi di Gabriel Bounoure. Tra il 1950 e il 1954 prosegue gli studi letterari a Parigi presso l'École des Hautes Études et il Collège de France; in questi anni stringe legami d'amicizia con Pierre-Jean Jouve, André Pieyre de Mandiargues, Giuseppe Ungaretti, Yves Bonnefoy, André du Bouchet e instaura rapporti di collaborazione con altre rilevanti voci della cultura contemporanea. Rientrato a Beirut, dirige il settimanale culturale "L'Orient Littéraire" e collabora al contempo alle principali riviste letterarie francesi, tra le quali "Les Lettres Nouvelles", "Le Mercure de France", "La Nouvelle Revue Française", "Europe", ecc. Diplomatico dal 1961, Salah Stétié è stato consigliere culturale del Libano presso le Ambasciate libanesi in Europa occidentale con sede a Parigi. Dal 1963 è stato nominato delegato permanente del Libano presso l'UNESCO. Ambasciatore nei Paesi Bassi, in Marocco, segretario generale del Ministero degli Affari Esteri a Beirut, Stétié affianca alla professione diplomatica un'intensa attività di poeta, saggista e critico d'arte. Nel 1995 ottiene dall'Académie française il Grand Prix de la Francophonie. È membro della Commission de Terminologie et de Néologie de la langue française.



Da FRAMMENTI : POEMA (1978)

*

Cielo dolce e costruito sull'essere. Colombi

Da dove venite

Per quale consolazione tardiva?

Abbiamo plasmato il corpo e l'altro corpo

Folle di sostanza, e abbiamo

Guardato rilucere l'altro corpo nella negazione

Dei vetri

Uccelli di qui sulle colonne

Donateci questa sera. Donate

A noi questa sera

Prima di affamare la camera vuota



*

Il corpo non è più il corpo. È

Fatto di povero cielo in fondo alle vie

Che il pettine del mattino attraversa. E

Amico della donna notturna con le sue gambe

Oh dolore delle sue gambe! su di me

Viene a respirare a fatica il cane visibile

Quell'unione di me e di lei e noi

Bramosi d'essere respirati stupiti

Quale dei nostri corpi avrà fame e sete assai tardi

Quando sarà la domanda terribile

China su di noi col volto raggiante

Al rovescio della notte e del giorno, tremante?



*

L'astratta l'impenetrabile l'inimmaginata

La contro-morta la più morta l'immortale

Con il fuoco del vulcano di natura

Nella profondità delle sue terre

L'unica amata della terra

La stella della sua terra ha segnato

Il suo cammino dalla parte dei vecchi giunchi

Ma quale stella ha colto la sua terra?

Lei grida verso la parola

E la parola è terra nutrita di terra

Lei grida e il suo corpo è impenetrabile

Unico e lungo nel respiro



*

Parola, e l'albero contenuto. Parola

Con l'albero delle parole nel corpo d'albero

E il corpo femminile delle parole

Nell'inspiegata verticalità dell'albero

Ogni liquido specchio sibilo di vento

Trattenuto poi dalle radici ansiose

Nel nome della terra che è

Corpo di terra figurato nell'albero

Corpo femminile di terra con le braccia

Che formano l'albero, e di donna

Oh specchio oh sofferenza

Per la distesa di terra disfatta e i suoi legami



*

Albero capovolto nella nuvola

O scomparso notturno

La forma alfine infranta l’olio trasvolato

Oh lampada           di una           lampada

Nodosa radicata

In una terra angusta e sterile con

L'incendio delle apparenze

(Dove solo brillò il seno di una giovane madre)

Oh notte di notte formata oh nebulosa

— Nell'inversione                               :

«Veglieremo in compagnia della parola»

Senza grida, a portata d'arco            :



D'après FRAGMENTS : POÈME (1978)

*

Ce ciel doux et construit sur l'être. Pigeons

D'où venez-vous

Pour quelle consolation tardive?

Nous avons façonné le corps et l'autre corps

Fou de substance, et nous avons

Regardé luire l'autre corps dans la négation

Des vitres

Oiseaux d'ici sur des colonnes

Donnez-nous ce soir. Donnez-

Nous ce soir

Avant d'affamer la chambre vide



*

Le corps n'est plus le corps. Il est

Formé de pauvre ciel au bout des rues

Que traverse le peigne du matin. Il est

L'ami de la femme nocturne avec ses jambes

Ô douleur de ses jambes! ô sur moi

Que vient mal respirer le chien visible

Ce mélange de moi et d'elle et nous

Désireux d'être respires émerveillants

Qui de nos corps aura faim et soif très tard

Quand sera la question terrible

Sur nous penchée avec son visage irradiant

À l'envers de la nuit et du jour, tremblante?



*

L'abstraite la fermée l'inimagée

La contre-morte la plus morte l'immortelle

Avec le feu du volcan de nature

Dans la profondeur de ses terres

L'unique aimée de terre

L'étoile de sa terre ayant meurtri

Sa marche du côté des vieux joncs

Et quelle étoile ayant saisi sa terre?

Elle crie vers la parole

Et la parole est terre accrue de terre

Elle crie le corps fermé

Unique et long dans la respiration



*

Parole, et l'arbre contenu. Parole

Avec l'arbre des mots dans le corps d'arbre

Et le corps féminin des mots

Dans la droiture inexpliquée de l'arbre

Tous liquides miroirs criants de vent

Puis retenus dans l'anxiété des racines

Sous le nom de la terre qui est

Corps de terre imagée dans l'arbre

Corps féminin de terre avec les bras

Formait l'arbre, et de femme

Ô miroir ô souffrant

Pour l'étendue de terre défaite et ses liaisons



*

Arbre inversé dans le nuage

Ou disparu nocturne

La forme enfin brisée l'huile envolée

Ô lampe           d'une           lampe

Noueuse enracinée

Dans une terre étroite et nulle avec

L'incendie des aspects

(Où seul, de jeune mère, brilla le sein)

Ô nuit de nuit formée ô nuageuse

- Dans l'inversion                         :

Nous veillerons en compagnie de la parole»

Sans cris, à portée d'arc              :




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