Quantcast
Channel: Imperfetta Ellisse
Viewing all articles
Browse latest Browse all 375

Giovanni Di Livio - Noncuranza

$
0
0


Giovanni Di Livio è uno pseudonimo. Come forse si sa non amo gli pseudonimi, ma dietro a questo c'è una persona  che è già stata qui, su questo blog, e che apprezzo. Leggendo queste poesie si capisce perchè vuole celarsi. Sono estremamente private e affrontano un tema penoso con parole crude, dicendo cose che forse si pensano, ammettiamolo, ma che non si dicono. E' il prolungarsi di una agonia, di un tempo "allungato a dismisura", di quella particolare malattia che è la vecchiaia, che prevede un unico esito possibile. Roba difficile anche da farne poesia, da trattare in un certo senso esteticamente, preoccupandosi della prosodia o dell'"abbellimento", perché materia an-estetica, caso mai etica, di un'etica drammaticamente affine alla elaborazione anticipata del rimorso.  Non sempre la contemplazione della morte accende l'animo a egregie cose,   come direbbe Foscolo, o "belle". Forse è il tempo affrettato di oggi contrapposto a quello "allungato" ad imporre altre considerazioni, un'altra gestione della morte, una diversa "cura", o forse proprio una "noncuranza", quando la vecchiaia appare come un accanimento. Non lo so. Da un certo punto di vista non sono nemmeno sicuro che sia giusto pubblicarle, ma sono qui, esposte alla lettura di tutti.



Noncuranza

Meglio morire, vecchietta mia stanca,

meglio la morte alla noncuranza, dentro

la stanza vuota da mattina a sera (poi la

badante per la notte a luna piena), meglio

morire che spegnersi come una candela

che brucia della sua stessa cera.


*


La vicina giovane e stupida, troiona

repressa, ti ha tolto il saluto. Certo,

a che le servi più se gli spiccioli non

ti bastano a farle regalie, le sue mutande

sanno di fuoco, le tue, calzano pannoloni

per altra incontinenza.


*


Tua nuora ti vuole bene, credimi, ma

non sopporta (a ragione, forse) il nostro

cordone ombelicale. Altri tempi, capiscilo,

quelli di affetti e comprensioni.

Tua colpa mia colpa sua colpa, come

se la colpa soffiasse sul dolore. Ci vuole

il fuoco ampio delle stoppie, la morte

che lava di lava gli eccessi di natura.


*


Io che grido, sgrido, ti vengo a trovare

con la fretta di chi non vuole destare

sospetti. Mica sei un’amante (le amanti

si trattano bene), sei il tempo che s’è

allungato a dismisura. E la misura

è tutto, di questi tempi nostri

al metro quadro.


*


Meglio morire, andarsene, lì dove

le stragalassie fanno a gara con dio

mentre un budda destina un palmo

di rena bianca a nuovo vagito.

Meglio morire, riprovarci, magari

sarai più fortunata: fratelli, sorelle,

tre quattro figli, nipoti da poter intrattenere

a chi ha prenotato un giropizza sulla spiaggia.


*


Ti porterei a visitare quella città

mai vista. La carrozzina è già arrivata e può

essere spinta con facilità. Ti rimboccherei

le coperte come ad una sorellina

di tua nipote …

Cose che non faccio perché di palle lente

o perché ho timore dell’inferno. Mi tengo

i miei rimorsi (dovrò dar conto), ti lascio

nella tua dimora d’ombra.

Invoco il fuoco.


*


Meglio morire, credimi. Non è più

vita questa che conduci. Meglio

per entrambi, vecchietta mia, meglio

darci altro appuntamento.

Starò più attento: sposarmi presto

(e tu, partoriscimi prima), pregare finché

tuo marito campi a lungo, rendermi

indipendente al tempo

che si deve.

Meglio morire, amore puro, abnorme

amore di sciagurato figlio.



Viewing all articles
Browse latest Browse all 375

Trending Articles