Il mondo caotico e il sublime
Per Aspera poesie 1990/2010 di Nicola Sguera - Delta3, 2013
La parola si respira, respira e a noi si impone come viva e urgente: in quanto necessaria è oltremodo esigente. Da un lato ci chiede ascolto e
partecipazione, dallaltro scava dentro latto mistico e simbolico della complicata realtà. La raccolta poetica dal titolo Per Aspera poesie
1990/2010 di Nicola Sguera per i tipi editoriali Delta3 - 2013, venuta alle stampe nella collana Pugillaria diretta da Paolo Saggese, conferisce,
allacuto lettore, il contrasto vissuto tra la consapevolezza e il dolore nostalgico dellessere umano che eleva lo spirito a un grado catartico, verticale
e illuminante. Nelle cinque sezioni si succedono, in una metrica moderna e arguta, metafore laiche e cerebrali a versi altamente spirituali che rimandano
ai testi di Luzi, Turoldo, Bonnefoy e Rebora. Il potere trascendente e le sostanze concrete delle realtà passano attraverso tematiche che riguardano
lamore, il ricordo, limmaginazione e la morte. Il caotico mondo, correlato di oggettività, non si ripiega su se stesso, ma, attraverso la mente del
poeta, si riconduce allepica della felicità, condizione auspicabile quando si celebra lanima e lenergia vitale. La morte e la vita sono certezze a cui
soccombe il mondo convertito al pensiero nobile e poetico e solamente la pulsione del riscatto, della pace donata dal Dio della speranza e della
resurrezione può giustificare il sacrificio del buio, della paura, del dubbio. (rita pacilio)
Come le chiese mattutine
vuote di uomini e inferno.
Come i cimiteri invernali,
pieni del canto di passeri
su cipressi che si curvano
al vento come monaci zen.
Passi lievi, fiammelle rosse
accese per la notte.
Sarà lunga la notte, quanto la vita stessa.
È fredda la notte, ma si spera
qualcosa fino a quando la fiamma
brucia e cola la cera
sulle tombe bianche,
sulle ossa stanche.
**
I morti (preghiera) II
Pensiamo che la nostra vita sia popolata da tante persone.
In realtà sono poche le vite altrui veramente importanti
per noi, e precisamente sono quelle che, non
sempre ma per sempre, ricordiamo nelle nostre preghiere
serali, anche a distanza di molto tempo da
quando esse sono oramai polvere ed ombra.
Pace a mia nonna Rosa,
che mordeva negli ultimi tempi
la mano amorosa che la nutriva.
Pace a mio nonno Nicola,
che non serbava per questo rancore,
e che volle morire nel tempo giusto.
Pace a mia nonna Anna, che visse per i figli
fino al disprezzo di sé.
Pace ad Angelina, che seppe servire
senza essere servile.
Pace a Gabriella, che ebbe in dono
lamore vero e un male mortale.
Pace a Maria Pia, che della vita volata via
non seppe le poche gioie e le molte amarezze.
Pace a Emanuele, mite ma fiero
in un mondo corrotto e violento
**
Linferno
Non è fuoco linferno che tormenta
le carni, non è buio che lambisce
le anime stanche.
Nel silenzio rotto
da grida rare, pregano con la lingua
sanguinante dei padri un Dio
perché dia senso alle loro sofferenze.
Per ognuno di noi che parla
di democrazia avvenire, cè un uomo
che là dentro si martira.
Nessunacqua pura né diluvio
estinguerà le fiamme. Dal verbo
al futuro nessuno sarà redento.
**
Supermarket
Malattia nello spazio che ci separa,
lo spazio di una cassa che digita numeri.
Malattia nellaria senza odore.
Malattia nei volti tirati e truccati.
Guardo attonito, ancora oggi
che so mia, anche mia, la malattia,
senza spazio per fughe illusorie.
Prendo le buste della spesa,
ed è compassione ciò che sento,
non disprezzo, per fortuna, di me
e delle anime disfatte che sciamano.
**
Al Signore dei trapassi
Signore dei trapassi,
comè ardua larte dei transiti:
il canale singorga,
vince il male come osceno ritrarsi
dellEgo in fortezze inesorabili.
**
Emmaus
Sei tu che cammini al mio fianco
nellarso passaggio di aprile?
Ma come saperlo davvero?
E se fossi soltanto un miraggio
del cuore assediato?
Poi, stanco, seduto alla mensa,
quando le ombre inghiottono i sogni,
rammento parole sgorgate da labbra
di salda dolcezza.
E, dunque,
prendo il pane e lo spezzo,
guardando il compagno di viaggio
inconsapevole, prego,
e riconosco il tuo volto.
Nicola Sgueraè nato il 20 giugno 1967 a Benevento, ove risiede, ed insegna Filosofia e Storia nel Liceo Pietro Giannone. Di formazione classica, si laurea a Roma in
Lettere con Biancamaria Frabotta, discutendo una tesi sul simbolo e lallegoria nellopera poetica di Franco Fortini. Nel 1992 costituisce a Benevento
lassociazione La rosa necessaria, poi divenuta anche rivista, strumento di indagine dalla provincia meridionale della poesia e della cultura italiana.
Nel 2010 ha curato la prima edizione della rassegna Poesia in forma di rosa, dedicato alla poesia contemporanea. Nella sua vita intellettuale cerca di
coniugare una spiritualità post-religiosa (secondo la lezione di Bonhoeffer, Illich e la Weil), un pensiero post-filosofico (memore della lezione di Martin
Heidegger), la poesia come luogo privilegiato della verità (guardando ad autori come Celan, Char e Bonnefoy) e limpegno civile con una forte connotazione
ecologica. Tracce di questa ricerca si trovano nella raccolta di saggi In quieta ricerca (Percorsi editore, 2012). Ha pubblicato una raccolta di
versi: Per aspera (Delta 3 Edizioni, 2013). Alcune sue poesie sono state pubblicate sul n. 1 di «Poesia e conoscenza».
Lassedio di Famagosta di Guglielmo Aprile LietoColle, 2015
Due sezioni in versi corpose incisive, per narrare poeticamente i fatti del 22 agosto 1570 avvenuti nella città di Famagosta; assediata dalla flotta turca
ottomana e resa allo stremo per un lunghissimo inverno, la cittadina veneta seppe resistere alle forze turche fino alla resa delle armi del 1 agosto 1571.
Guglielmo Aprile, nel suo lavoro Lassedio di Famagosta LC, 2015 si immerge in eventi duri e aggressivi per registrare i significati della
guerra, della detenzione, dellimpotenza, della morte. Soprattutto si sofferma sui particolari reali per far emergere i sentimenti che accompagnano le
occasioni della battaglia e il relativo processo conclusivo. Scavare nelle invasioni di epoche storiche del passato serve ad attualizzare il tema della
sofferenza e della coercizione che ogni guerra comporta. È il terreno dei rapporti individuali che si scardina, qui siamo tutti costretti a indugiare, a
meditare/immaginare/sopportare le violenze che non hanno mai vincitori e vinti, ma solo perdenti e devastazioni intimo/sociali. La morte travolge
lindividualismo e lorrore riguarda non solo la comunicazione, ma, soprattutto, lintegrazione che fin dallinizio dello scontro ha esito fallimentare.
Lautore organizza immagini, fa rivivere luoghi, memorie e sottende al cambiamento, alla ricostruzione, nonostante tutto. (rita pacilio)
Il cattivo guardiano
Il completino dei miei sette anni
lho ritrovato, era in fondo a un baule
ricoperto di formiche:
lo avevano quasi del tutto
divorato.
E il suo antico proprietario
ora è tornato, senza preavviso,
per chiedermene conto:
vuole vendetta, vuole indietro
il completino dei miei sette anni
(non posso accampare più scuse)
che allepoca affidò a me
e che io non ho saputo custodire.
**
Caccia reciproca
Ho cucito insieme con un filo di carta
i calcinacci crollati,
ho steso una garza di sabbia
sui crateri nel muro
fracassato dai pugni
del tremendo bambino:
lincattivito demiurgo che escogita
i suoi scherzi pesanti, le sue marachelle diaboliche,
e che ora si aggira
furtivo e affamato, febbricitante
per i capannoni dismessi
dellarea industriale; non so dire
se sia io ad andare
in cerca delle sue tracce,
o se sia lui a darmi la caccia, e tanto
più mi sta addosso quanto più lo fuggo.
**
In cima alla collina
il castello in cui non mi fanno entrare;
al suo interno il bambino
si dà alle orge, ma non fa mistero
della sua delusione perché io
mi rifiuti di assistervi o magari
prendervi parte, trattenuto
da fosche dicerie sul loro conto.
Ma il cervo è scappato dal bosco
e decanta i bellissimi arazzi
delle sale, in termini lusinghieri,
i variopinti cappelli dei guitti,
le sontuose armature appese ai muri,
e mi sussurra: Io sono tuo figlio
e insieme tua madre; ma io
lo lascio parlare fingendo noncuranza,
finché mi alzo stizzito e mi allontano
sotto una pioggia nera, per non cedere
al suo inganno, al pericolo
della sua voce che confonde e ammalia,
mentre inutilmente mi attendono
leco dei liuti e lo scintillio delle torri
in cima alla collina che non oso
per paura scalare.
**
E in fatto di urbanistica, lo scempio
da un po ha raggiunto esiti
inusitati: ci sono quartieri
da cui è meglio girare al largo
e in cui azzardarsi a scendere è avventura
da ponderare attentamente, data
lalta incidenza di scontri di piazza
e reati che vi si riscontrano.
Eppure è lì che bisogna
indagare, affondare il bisturi
nei vicoli più scabrosi, protendere
il periscopio dove si raggrumano
caseggiati in tumorali ammassi
di cemento, in informi concrezioni
di muri diroccati, suppuranti
di oscura negletta proliferante
fauna umana: è lì, nellanonimato
di quelle medusee architetture,
tra quei complici alveari infetti
che è avvenuto il reato originario
e trova asilo il colpevole,
il grande ricercato, e si nasconde
depistando gli investigatori:
è lui, solo lui ad ideare
ogni misfatto, ogni attentato allordine
che della città giornalmente
movimenta la cronaca.
**
Lantenato dalle piume di struzzo
attaccate alle tempie
non scherzava affatto, quando
il vento in delirio gli urlava nomi
di uomini inghiottiti dalle cento
bocche della montagna, o sedotti
dalla vergine del fiume;
ma anche oggi, malgrado le cure
ricevute e la raggiunta età adulta,
va nel panico
se qualche passante lo fissa
con una insistenza che lo irrita
uscendo da un portone, o se rinviene
una certa espressione di rimprovero
nel servizio da the, nei manichini
dietro le vetrine, o in una baffuta
architettura depoca,
ed ha paura, ha paura che un giorno
dal manto dei rampicanti, dai muri
occhi a miriadi potrebbero
spuntare e trafiggerlo mentre dorme.
**
Sentinella
Non dormo nei giorni pari.
Appena le palpebre salpano
sullo scuro lago di quarzo,
un grido sanguinante
mimplora di tornare indietro,
mi trattiene sulla soglia
della grotta, mi obbliga
a non abbassare la guardia,
a vigilare
ma al capezzale di chi?
Un qualche alto comando
mi invia linderogabile
dispaccio di stare ogni notte
allerta; ma per far fronte allinsidia
di quali ombre, di quali fruscii
nella boscaglia?
**
Le murene rinchiuse nella vasca
potrebbero sfuggire, eludere
le guardie, risalire
i pozzi, e fare a pezzi
il giardino; guarda come
lultima volta hanno ridotto il mandorlo
sulla cui cima da piccoli
scappavamo dopo un rimprovero
o tra le cui rughe nascondevamo
uova di pernice.
Stendiamo sulle grate
lastre di calce, muriamo le botole
perché la sabbia attutisca
le urla di sangue e di schiuma
della loro fame millenaria,
seppelliamo il loro latrato
nel coccige delle epoche,
nellinfanzia delle montagne
il rettile si contorce,
ma noi a voce più alta leviamo
simpatici motivi e intenzionalmente
saltiamo la pagina che riporta
una nota febbrile in rosso a margine.
Guglielmo Aprileè nato a Napoli nel 1978. Attualmente vive e lavora a Verona. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia, tra cui Il dio che vaga col vento (Puntoacapo Editrice, 2008), Nessun mattino sarà mai lultimo (Zone, 2008) e Lassedio di Famagosta (Lietocolle, 2015); è presente nellantologia Il miele del silenzio (Interlinea, 2009). Collabora da anni con periodici specializzati attraverso saggi e recensioni.