Mauro Sambi - Diario d'inverno - Lietocolle 2015
Non lo so con certezza ma credo che questo sia il secondo libro di Mauro Sambi - a parte un'antologia pubblicata da Campanotto in cui appare - dopo il bel "L'alloro di Pound" di cui ho pubblicato qualcosa su IE (v. QUI) nel novembre 2010.
Sambi rimane fedele a sé stesso, anche in questo libro, e questo è un bene, perchè la lettura - è una prima ma non banale impressione - restituisce una familiarità di non poco conto, una leggibilità assoluta. Si resta o si ritorna come a casa, in un'aria tersa e complicata insieme che conosciamo bene, in cui quel che c'è da dire viene detto con una apparente semplicità lessicale e metrica che invece è frutto di un lavoro niente affatto facile. Sambi ha scelto la tradizione fin dall'inizio, non credo che nemmeno si sia posto il problema di organizzare diversamente la sua ispirazione, non aveva niente da rovesciare soprattutto perché quella tradizione ammirata, soprattutto quella italiana della grande poesia novecentesca, lo ha accolto, lui istriano di Pola. Come ebbi a dire in altra occasione, la sua non è una poesia "di confine", anzi, anche in questo libro, lo sguardo poetico è fermamente "europeo" perchè intriso di una cultura più vasta, raffinata e del tutto priva di epigonismi. Hic manebimusoptime, potremmo dire con Livio (e anche con Montale). E infatti Sambi sta saldamente all'interno di una convenzione ad includere, non ha la minima intenzione di forzare il perimetro, i confini di un ambiente che poeticamente lo conforta e rassicura.
Anche la forma, qui fondamentale, guarda alla
tradizione senza infingimenti. E' il sonetto che la fa da padrone, quasi
ovunque, spesso quello shakespeariano (4-4-4-2) mutuato attraverso le
traduzioni che Sambi ama fare del Bardo (ce ne sono diverse già ne L'alloro di Pound),
una forma chiusa che, insieme al classico sonetto 4-4-3-3, abbandona
raramente. Ma è certamente anche una scelta di rigore, di disciplina
quasi scientifica che corrisponde al carattere dell'autore, come già
aveva notato Gabriella Musetti nella prefazione a L'alloro di Pound.
Insomma, come scienziato (Sambi è è ordinario di chimica generale e
inorganica a Padova) lascia la sperimentazione ad altri campi,
preferendo semmai la raccolta di sentimenti o suggestioni che passa
sempre al setaccio culturale, per lui irrinunciabile, che le intride e
le riempie di echi. Il libro percorre un tragitto, un prima durante e
dopo di un viaggio, una storia affettiva e sentimentale tra Padova e
Oxford e dintorni, una andata e un ritorno malinconico perché forse il
ritorno è anche un distacco. Il nucleo centrale della raccolta è la
sezione "In illo tempore" che riguarda appunto la permanenza in
Inghilterra insieme alla persona che lo accompagnava, tutta descritta e
scandita, come si conviene all'indole poetica dell'autore, in chiave di regret
shakespeariano. E' qui a mio avviso che si trovano i testi migliori,
bilanciati tra narrazione (dei luoghi, dei fatti) e ascolto di
sentimenti e percezioni, sempre affrontati con estrema leggerezza. Il Diario d'invernoè il diario elegiaco di una stagione metaforica che volge al rimpianto e alle ombre, di uno "scontento" - per usare ancora le parole del Bardo - forse in attesa di una nuova "gloriosa estate".
Se il libro mostra qualche debolezza (ma è poca cosa) rispetto alla cospicua prova de L'alloro è
forse perché, io credo, c'è in Sambi, quando parla più intimamente di
sé, una sensibilità e una necessità di difesa a cui fa fronte da una
parte la cultura come elemento, come dicevo, di rassicurazione,
dall'altra una discrezione (o forse una timidezza) che un pò filtra i
suoi versi, li protegge da tracimazioni emotive. Del resto è certo,
perché sono parole sue, che la poesia necessiti di una "gabbia" (v. post
citato). E non è un caso, ancora, che il libro sia dedicato "al Doppelgänger", il doppio, l'altro da sé e in sé, lo specchio che si osserva con timore e attrazione. Ma resta indubbio il suo valore poetico (v. ad es. l'ultimo testo qui presentato), e il fatto che nella
sua poesia risieda (sempre citando Musetti) "una
interrogazione pacata ma non per questo meno profonda", soprattutto
quando parla d'amore, luogo - secondo l'autore - di un limite "che porta a sfiorare il confine tra tempo e non-tempo, ma contemporaneamente ne sancisce linvalicabilità". (g.c.)
da In illo tempore
Stratford-upon-Avon, II
Fu quando scendemmo verso la chiesa
della Santa Trinità e mi chiedesti
cosa provassi a visitare i resti
del Poeta che ho tradotto e sorpreso
non risposi; non avevo pensato
a questo. Fu così che intercettasti
un raggio di me e me lo rimandasti
con discrezione. Entrammo dal sagrato
stretto tra gli alberi. Sta qui, secondo
Hofmannsthal, il compito forse più
delicato dellamicizia, e tu
lavevi assolto. Ritornati al mondo
sfiorammo il nodo dellOnlie Begetter
da lontano. Cosa muove i sonetti?
25 gennaio
Warwickshire, Oxfordshire
Lautobus scivola nella campagna
stillante un pulviscolo dacquerugiola
così sottile che quasi non bagna
i vetri; ogni sguardo grato è un indugio
tra le glorie del verde. Qui ti chiamo
al tuo futuro e presagisco che ogni
refolo può staccarti dal ramo
condiviso; il tuo irrequieto bisogno
di cose concrete non consola
la mia inquietudine crescente; pesi
gli accenti per eludere la sola
risposta che vorrei. Tra pochi mesi
la tua scelta scoppierà (e sarà vano
il presagio) come una bomba a mano.
29 gennaio
Cotswolds
Come nel fitto di foglie forato
dalla macchina nel rapido viaggio
tra le radure, nel buio raggrumato
in grovigli che neppure il vantaggio
della luce sa sciogliere, così
nel segreto di te unombra dice
lirrequietezza, il fondo oscuro di
accidia che traspare in superficie
solo allo sguardo attento. Il nulla scava
anche il tuo centro, apparente miracolo
dequilibrio là intravedo la chiave
del tuo riserbo. Ma gioia senza ostacoli
la mia quando tu, persuaso dal suono
dei miei versi, dicessi Qui io sono.
25 gennaio
Oxford, I
Troppe piccole porte nel cortile
della Bodleiana fanno toccare
con mano la sventura secolare
della classificazione, sottile
incerta necessaria dissezione
del tutto nelle parti: un poco o un tanto
va sempre perduto. Di più tincanta
il gioco dombre che unapparizione
breve del sole inventa sul selciato
a partire da un cancello di ferro
di All Souls. Forse distratto, non afferro
subito tutto il fascino implicato
in quellimpronta fugace, ma tu
distilli anche per me la sua virtù.
25 marzo
Oxford, III
I grifoni tra le guglie e le creste
di St Mary; le maschere mutevoli
nei fregi di Magdalen; la foresta
sul portale di Merton, col benevolo
unicorno accostato al maggiorente
genuflesso scolpiti nella pietra,
immobili, raccontano un pungente
paradosso alla ragione che arretra
confusa: la metamorfosi colta
nellatto del suo farsi e congelata
per sempre nel sasso, la vita tolta
alla vita a salvarne la durata
Sarà così di te in questa scrittura
chiusa, di te che spezzi ogni armatura?
8 febbraio
Padova, III
A tarda estate giungono segnali
da lontano: dalla costa algherese,
da remoti promontori e crinali
siciliani, dai sentieri di ascesa
al Passo delle Farangole, dove
ti affiancano in silenzio due stambecchi
e fuggono i camosci; scrivi piove
dal bosco dei violini, pieno di echi
che riverberano perfino nell
sms che mi mandi alla fine
di agosto, già prigioniero io del
tran-tran di sempre; indugi sul confine
dellassenza è la prova generale
del distacco, dello strazio, del male.
13 febbraio
[
] Un abbraccio. T.
Quanto potrebbe durare un abbraccio
tra noi due, ci pensi mai, non bastasse
a suggerirlo listinto, col ghiaccio
tuo o mio che avesse la meglio? Ci sta, se
ci pensi, stretto il corpo, in questa cosa
alta, tutta di sguardo e di scrittura
sottotraccia, tangente, che non osa
se anche sfiora il centro, e qui la paura
del dorso ispido, tuo e mio, gioca un ruolo
certo. Ti parlo, mi parli, a distanza.
A faccia a faccia manca la parola
aperta, il gesto irriflesso, lalleanza
resta presbite. Non conosce sbocchi
questafasia. Mi mancano i tuoi occhi.
21 gennaio
postilla
(Catenine, collanine di suoni,
corde di sicurezza nellabisso,
di sinalefe in sinalefe fisso
le vostre fragilissime giunzioni
e mi chiedo cosa portiate dentro
i vostri nodi, sospese in un vecchio
arnese incrinato, il piccolo specchio
ustorio che il bene il male concentra
in un fuoco e lincendia, per salvarne
lessenziale (per quel che vale), puri
attraverso il fuoco, dove suppuri
il morso la ferita nella carne
che passerà. Ora basta, tornate
al silenzio, vecchie corde abusate.)
18 febbraio
da Futuro interiore
UN FIORE AZZURRO
Ein Mal
jedes, nur ein Mal. Ein Mal und nichtmehr. Und wir auch
ein Mal. Nie wieder. Aber dieses
ein Mal gewesen zu sein, wenn auch nur ein Mal:
irdisch gewesen zu sein, scheint nicht widerrufbar.
Rainer Maria Rilke, Die duineser Elegien, IX, 13-17.
Passo delle Farangole, 27 luglio 2012
Qui nel tuo cuore a luglio cè sempre un po di neve
e giusto sulle labbra a non volerne esagerare
un filo dacqua gelida in caduta dalla roccia
e spazio tra le cime con nuvole veloci che la luce
la luce sfrangia e finisce come il tempo che ci è dato.
Qui nel tuo cuore si soffre a passo a passo
la fatica dellascesa impastata a ogni gesto
ogni sasso provato col piede semmai regga
perché è facile cadere nel vuoto spalancato
da un errore nellocra verticale delle forre.
Qui nel tuo cuore la gioia è tutta interna
ma evidente nel ritmo stesso del respiro
nella qualità dello sguardo e del sorriso
nel tono della voce e nel colore del silenzio
gremito di indugi, di confini, di consenso.
Qui nel tuo cuore a luglio tutto ti assomiglia
la vastità la verticalità lampiezza
linaccessibilità di enormi spazi e lasciuttezza
limprovviso gelo ove sopraggiunga lombra e
la solitudine portata come un fiore.
Qui nel tuo cuore nulla è superfluo, nulla è molle
ogni cosa è essenza scabra e pura, è pietra conficcata
in petto al cielo, è lacqua che la scioglie, è poca
vita viva con tenacia; qui si tendono le corde
dellessere, lacquisto e la perdita, la fonte.
Qui nel tuo cuore la coscienza della morte
è tanto più acuta quanto più compiuta è la bellezza
dellistante che offrendosi svanisce, e la bellezza
ferisce, oh se ferisce, perché è arduo credere
del bene che è passato: irrevocabilmente è.
Qui nel mio cuore a luglio il tuo cuore lascia un segno
di ogni bene passato che resiste: leffimero sentito eterno
sul bianco della pietra tutto luce, senza terra
di un piccolo fiore azzurro, un nontiscordardimé.
Note dell'autore:
Stratford-upon-Avon, II
Hugo von Hofmannsthal, Il libro degli amici (Traduzione di Gabriella Bemporad)
Warwickshire, Oxfordshire
bomba a mano: oggetto di una e-mail di commiato.
Padova, III
dal bosco dei violini
Il bosco di Paneveggio, tra Passo Rolle e la Val di Fiemme, provincia di Trento. Il cuore incantato dei Monti Pallidi.
Paolo Rumiz, La leggenda dei monti naviganti.
Nota di redazione:
L'esergo di Un fiore azzurroè ripreso, come citato, dalla IX delle Elegie duinesi di R.M. Rilke:
Ogni cosa una volta, una volta soltanto. Una volta e mai più.
Ed anche noi una volta. Mai di nuovo. Ma questo
Essere stati una volta, pur solo una volta:
Essere stati terreni, appare irrevocabile.