Jacques Dupin (1927 - 2012) è considerato uno dei
maggiori poeti francesi del secondo Novecento. Amico di René Char, che
ha prefato il suo primo libro di poesie Cendrier du voyage, e di
Joan Mirò, di cui è stato il biografo ufficiale, è autore di oltre venti
libri di poesia, oltre ad essere noto come critico d'arte, un'attività
che lo ha portato ad una lunga collaborazione con la nota Galleria
Maeght ed a scrivere una decina di saggi sul lavoro di importanti
artisti contemporanei che ha avuto modo di frequentare, come lo stesso
Mirò, Alberto Giacometti, Antoni Tapiès e Francis Bacon autore nel1990
di un suo ritratto. E' stato tradotto in diverse lingue, tra le quali l'inglese da Paul Auster. In italiano sono apparsi: Massicciata (Scheiwiller), Nulla ancora, tutto ormai (Dadò), lantologia Divenire della luce (Garzanti), tutti a cura di Delfina Provenzali e Comba oscura
(Lietocolle) a cura di Gilberto Isella che si occupa da anni della sua
opera e che recentemente ha tradotto e curato la raccolta Scarto (Lugano, Opera Nuova, 2011). Una sua interessante nota su Trasversale (v. QUI)
La poesia di Dupin è connotata da una estrema
asciuttezza, tanto da apparire talvolta impersonale, forse a causa (o
per merito) di quell'"odio della poesia" di cui Bataille aveva scritto
nel 1947 e che per Dupin equivale, secondo le sue parole, a "una
salutare distruzione di scorie e roseti commoventi che fanno ostacolo
alla vista e intralciano il passo nel cammino verso l'ignoto". E d'altra
parte " la poesia non ha bisogno che di parole. Essa può esistere senza
le parole. Fare a meno di tavolo, di carta, di pedana. Non ha nessun
bisogno di essere vendibile, di essere leggibile. Si accontenta di poco,
e di meno ancora. Essa vive di niente. O dell'aria del tempo. Del
desiderio, e della morte. E del vuoto che la innalza
"
Licheni
1
Anche se la montagna si consuma, anche se i sopravvissuti si
uccidono l'un l'altro...Dormi, pastore. Non importa dove. Io ti troverò.
Il mio sonno è pari al tuo. Sul versante in luce pascolano le nostre
greggi. Sul versante scosceso pascolano le nostre greggi.
2
Fuori, le fosse comuni (carnai) occupano il letto dei fiumi perduti
sotto terra. La roccia che si sfalda è sorella del cielo che si fende.
L'avvenimento anticipa i presagi, e l'uccello attacca l'uccello. Dentro,
sotto terra, le mie mani disfanno colori appena cominciati.
3
Quel che vedo e che taccio mi atterrisce. Ciò di cui parlo, e che
ignoro, mi libera. Non mi libera. Tutte le mie notti basteranno a
decomporre questo lampo? O viso intravisto, inesorabile e martellato
dall'aria cieca e bianca!
4
I covoni rifiutano i miei lacci. In questa infinita unanime
dissonanza, ogni spiga, ogni goccia di sangue parla la sua lingua e
segue il suo cammino. La fiaccola, che rischiara l'abisso e lo sigilla, è
essa stessa un abisso.
5
Ubriaco, avendo rovesciato il tuo aratro, hai preso il vomere per un astro, e la terra t'ha dato ragione.
L'erba ora è così alta che non so più se cammino, non so più se son vivo.
La lampade spenta è forse più leggera?
6
I campi di pietra si stendono a perdita d'occhio, come questa
felicità che ci lega, e che non ci rassomiglia. Io ti appartengo. Tu mi
comprendi. Il calore ci acceca.
La notte che ci attende e che ci appaga, bisogna ancora deludere la sua attesa perché essa sia la notte.
7
Quando camminare diventa impossibile, è il piede che scoppia, non
la strada. Siete stati ingannati. La luce è semplice. E le colline
vicine. Se questa notte inavvertitamente picchio alla vostra porta, non
aprite. Non aprite ancora. L'assenza del vostro viso è la mia sola
oscurità.
8
Arrampicarmi su di te e, dopo essermi arrampicato - quando la luce
non si sostiene più sulle parole, e crolla e precipita, - arrampicarmi
ancora. Altra cima, altro giacimento.
Da quando la mia paura è adulta, la montagna ha bisogno di me. Dei miei abissi, i miei legami, il mio passo.
9
Guardiani sul promontorio. Non scendere giù. Non tacere più. Né
possesso, né passione. Andate e ritorni alla vista di tutti, nello
spazio stretto, e che basta. Guardiani sul promontorio a cui non ho mai
accesso. Ma da dove, da sempre, i miei sguardi si tuffano. E tirano su.
Felicità. Indistruttibile felicità.
I semi bruciano senza soffrire
I semi bruciano senza soffrire: lettura
della montagna che avanza verso di noi, che si estingue,
scompare - e il suo controcanto nella gola,
sull'abisso, della cenere, l'aria resa leggera...
dalla montagna, la traccia cancellata:
mutismo e corda, - corda il cui sfilacciarsi
va cedendo, - e che tiene...
la montagna in cui penetra il giorno, ci arruola,
petto contro petto,
e il suo respiro che accresce il respiro, il suo lucore
che s'alloggia nell'intimo delle ossa...
pienezza, inerzia: i gesti e l'immobilità
dell'amore, la complicità della frattura...
l'acqua ghiacciata in fondo alla valanga inonda
le fibre del corpo senza nome, del corpo che scrive...
Pietra di sole
Foglio ristretto spazio immenso
convulsioni, tracimazione
di cui tu saresti il segnale aquilino
lo spazioso fermento
d'una germinazione
di segni - e la trasgressione terrestre
d'un cielo a digiuno
come un molo sul mare
il mare il non senso l'assiduità
nel riso dei ginocchi
dell'amata
instancabile è il riflusso - e la musica
per dissolvere
i grumi del cielo antico
rimettere in moto l'attività, la sofferenza
della pietra del sole
***
Non essere più con te da quando tu balbetti
l'aridità ci trabocca
il cerchio delle tue braccia non si schiude
che per meglio dir niente
a seconda dell'ora e del profumo
e quel profumo si strappa
verso il nord, la via d'uscita nascosta...
forse il tuo viso contro il mio,
quand'anche tu mi conducessi,
incappucciato, sul tuo pugno,
come alle prime caccie dell'inferno
L'angolo del muro
La mia meditazione il tuo cappotto si consumano
Per meglio perderti
O morderti bianca.
La torre liberata dall'edera rovina.
Il terrore porta sotto terra la mia semente,
La illumina e raffredda.
Io aspetto l'esplosione.
E do del tu ai morti, i nuovi venuti.
Colei che amo è nel loro campo,
Forcone, fiamma e minerale.
Il sangue che brilla sul risguardo
Non sarà giammai il suo.
***
Quel che un'altra mi scriveva
come con un'erba lunga e torturante
tu, tutta, in mia assenza, là,
nel puro smarrimento d'un gesto
ostile al giudice del sangue,
tu te ne liberi
tale un amore che vira sulla sua àncora, carico
dell'ombra necessaria,
qui, ma più in basso, e gridando
d'allegria come al primo giorno
e tutto il dolore della terra
si contrae e si curva
e sorge in una catena imprevedibile
crestata di folgore
e ruscellante di vigore
***
Senza il sole, giù in basso,
quel che si scrive è un corpo
che lo spasmo, che il respiro
che i denti incestuosi...
un corpo in cui si scava la strada
di quale penna inzuppata
nel mestruo di quale mostro
attraverso quale inferriata
canicolare
un corpo che crolla, schianta
e si aggrega intorno al suo crampo
di nuovo, e si erge
frattura del cielo effervescente
(traduzione G. Cerrai - I testi sono tratti da Ballast, 1976; Contumace, 1986; L'embrasure,1971)
*********************
Lichens
1
Même si la montagne se consume, même si les suivants
sentretuent... Dors, berger. Nimporte où. Je te trouverai. Mon sommeil
est légal du tien. Sur le versant clair paissent nos troupeaux. Sur le
versant abrupt paissant nos troupeaux.
2
Dehors, les charniers occupent le lit des fleuves perdus sous la
terre. La roche qui se délite est la sur du ciel qui se fend.
Lévénement devance les présages, et loiseau attaque loiseau. Dedans,
sous terre, mes mains broient des couleurs à peine commencés.
3
Ce que je vois et que tais mépouvante. Ce dont je parle, et que
jignore, me délivre. Ne me délivre pas. Toutes mes nuits
suffiront-elles à décomposer cet éclair ? O visage aperçu, inexorable et
martelé par lair aveugle et blanc !
4
Les gerbes refusent mes liens. Dans cette infinie dissonance
unanime, chaque épi, chaque goutte de sang parle sa langue et va son
chemin. La torche, qui éclaire et ferme le gouffre, est elle-même un
gouffre.
5
Ivre, ayant renversé ta charrue, tu as pris le soc pour un astre, et la terre ta donné raison.
Lherbe est si haute à présent que je ne sais plus si je marche, que je ne sais plus si je suis vivant.
La lampe éteinte est-elle plus légère ?
6
Les champs de pierre sétendent à perte de vue, comme ce bonheur
insupportable qui nous lie, et qui ne nous ressemble pas. Je
tappartiens. Tu me comprends. La chaleur nous aveugle ...
La nuit qui nous attend et qui nous comble, il fait encore décevoir son attente pour quelle soit la nuit.
7
Quand marcher devient impossible, cest le pied qui éclate, non le
chemin. On vous a trompés. La lumière est simple. Et les collines
proches. Si par mégarde cette nuit je heurte votre porte, nouvres pas.
Nouvres pas encore. Votre absence de visage est ma seule obscurité.
8
Te gravir et, tayant gravie - quand la lumière ne prend plus
appui sur les mots, et croule et dévale, - te gravir encore. Autre cime,
autre gisement.
Depuis que ma peur est adulte, la montagne a besoin de moi. De mes abîmes, de mes liens, de mon pas.
9
Vigiles sur le promontoire. Ne pas descendre. Ne plus se taire. Ni
possession, ni passion. Allées et venues à la vue de tous, dans
lespace étroit, et qui suffit. Vigiles sur le promontoire où je nai
pas accès. Mais doù, depuis toujours, mes regards plongent. Et tirent.
Bonheur. Indestructible bonheur.
LES GRAINES BRÛLENT SANS SOUFFRIR
Les graines brûlent sans souffrir : lecture
par la montagne qui avance vers nous, qui séteint,
disparaît ― et son contrechant dans la gorge,
sur labîme, par la cendre, lair allégé
par la montagne, la trace effacée :
mutisme et corde, ― corde dont leffilochement
va céder, ― et qui tient
la montagne où le jour pénètre, nous enrôle,
poitrine contre poitrine,
et son souffle accroissant le souffle, sa clarté
se logeant à lintérieur des os
plénitude, inaction : les gestes et limmobilité
de lamour, la complicité de la cassure
leau glacée au pied de lavalanche inonde
les fibres du corps innommé, du corps écrivant
PIERRE DE SOLEIL
Feuillet restreint espace immense
convulsions, débord
dont tu serais le signal aquilin
le ferment spacieux
dune germination
de signes ― et la transgression terrestre
dun ciel à jeun
comme une jetée sur la mer
la mer le non-sens lassiduité
dans le rire des genoux
de la bien-aimée
inlassable est le reflux ― et la musique
pour dissoudre
les grumeaux du ciel ancien
relancer lactivité, la souffrance
de la pierre de soleil
***
N'être plus avec toi dès que tu balbuties
la sécheresse nous déborde
le cercle de tes bras ne s'entrouvre que pour mieux
ne rien dire
selon l'heure et le parfum
et quel parfum se déchire
vers le nord, l'issue dérobée...
peut-être ton visage contre le mien,
quand bien même tu me mènerais,
encapuchonné, sur ton poing,
comme aux premières chasses de l'enfer
L'angle du mur
Ma méditation ton manteau se consument
Pour te perdre mieux
Ou te mordre blanche.
La tour délivrée de son lierre croule.
La terreur conduit sous terre ma semence,
L'éclaire et la refroidit.
J'attends la déflagration.
Et je tutoie les morts, les nouveaux venus.
Celle que j'aime est dans leur camp,
Fourche, flamme et minerai.
Le sang qui brille sur la page de garde
Ne sera jamais le sien.
***
Ce qu'une autre m'écrivait
comme avec une herbe longue et suppliciante
toi, toute, en mon absence, là,
dans le pur égarement d'un geste
hostile au gerbier du sang,
tu t'en délivres
tel un amour qui vire sur son ancre, chargé
de l'ombre nécessaire,
ici, mais plus bas, et criant
d'allégresse comme au premier jour
et toute la douleur de la terre
se contracte et se voûte
et surgit en une chaîne imprévisible
crêtée de foudre
et ruisselante de vigueur
***
Sans le soleil, en contrebas
ce qui s'écrit c'est un corps
dont le soubresaut, dont le souffle
dont les crocs incestueux...
un corps où se creuse la route
de quelle plume trempée
dans le menstrues de quelle monstre
à travers quelle grille
caniculaire
un corps qui s'éboule, éclate
et s' agrège autour de sa crampe
à nouveau, et se dresse
faille du ciel effervescent